Sono
sempre più frequenti i casi di bambini e ragazzi che vengono a provare l'
Aikido nel mio
Dojo e
sui quali vengo informato esserci
una diagnosi di ADHD.Avendo lavorato per numerosi anni nel sociale, a contatto con questo tipo di "problematiche", è più semplice per me come comportarmi, infatti il 99% di questi ragazzi si ferma e diventa un membro stabile, integrato e soddisfatto dei corsi di Aikido rivolti ai bambini o agli adolescenti.
Ma siccome è un fenomeno in crescita esponenziale, ho ritenuto opportuno parlarne insieme, presumendo possa essere di qualche aiuto per gli Insegnanti meno fortunati o formati di me in questo campo specifico.
Innanzi tutto diciamo che ADHD è un acronimo che sta per "
Attention Deficit Hyperactivity Disorder", ovvero "Disordine Iperattivo per Deficit di Attenzione"... e si tratta di
difficoltà nel mantenere l'attenzione in modo selettivo, eccessiva attività, difficoltà nell'autoregolazione del proprio comportamento (es. impulsività) e/o iperattività motoria, che possono differire dalle aspettative sociali.
Questa "problematica" è solo UNA di quelle che vengono diagnosticate sempre più di frequente e crescono come funghi nei Centri di Neuropsichiatria infantile:
c'è chi è "dislessico" (fatica ad articolare correttamente le parole),
chi è "discalculico" (fatica a fare i calcoli a memoria),
chi è "disgrafico" (fatica a scrivere correttamente)... tutte dinamiche che ricadono sotto una più generica D.S.A., ovvero "Disturbi Specifici dell'Apprendimento", poi
c'è chi presenta dei disturbi dello spettro autistico (come la sindrome di Asperger, etc). Insomma: i casi sono molteplici, ma
dalla porta sembrano entrare sempre più un tot di bambini e ragazzi, in qualche modo "problematici", o che comunque necessitano di attenzioni maggiori degli altri.Ora... vero è che le neuroscienze hanno compiuto passi da gigante negli ultimi 50 anni e che quindi alcune patologie sempre esistite ora sono state studiate e rese riconoscibili e quindi anche diagnosticabili, però è anche vero che la nostra società tende un po' a prendere la scienza come un aspetto dogmatico della vita, quasi come se fosse la nuova religione dei nostri tempi.
Infatti, quando nella definizione di ADHD si parla di comportamenti che "possono differire dalle aspettative sociali"... chi ci dice che le aspettative sociali siano così da accondiscendere?!
Se la società avesse prospettive poco sane, tipo quella di obbligare un bambino delle elementari a stare fermo e seduto per 5 ore di fila... e poi questi risultasse più vivace del previsto o meno incline a compiacere le regole che lo vorrebbero una statua a comando...
sicuri che sarebbe lui l'ipercinetico? Magari
potrebbero essere gli altri ad essere un po' narcolettici... o semplicemente più "addomesticati".
É lui ad avere un problema oppure è una persona libera e sana, con esigenze sane... che capita in un mondo malato? Questo non è così banale, né immediato da stabilire.
Prendiamo il "deficit di attenzione" che mostrano proprio i nostri ragazzi ADHD, ad esempio: pare non riescano a stare attenti per un tempo prolungato, perciò necessitano di continui stimoli o di essere ripresi e riportati ad uno stato di focalizzazione su quanto sta spiegando l'Insegnante di turno... questo è quello che emerge, questa è la ragione che ha portato a diagnosticare loro un disturbo generale o particolare dell'apprendimento.
Ma noi
siamo proprio certi di sapere bene cosa sia "l'attenzione"? Vediamo cosa ci dice in merito la scienza...
L'attenzione sarebbe "un processo cognitivo complesso e multidimensionale, che ci consente di selezionare, elaborare e concentrarci su specifici stimoli, informazioni o attività, mentre filtriamo o ignoriamo le distrazioni".
Questa definizione mostra quanto ancora non sia così semplice definire un processo complesso, da noi compreso solo in parte, ad esempio...
- cos'è un processo cognitivo? Per definirlo in modo univoco, dovremmo sapere con esattezza cos'è la mente, ma al momento esistono solo modelli differenti di riferimento, che talvolta si sovrappongono, altre divergono fra loro;
- cos'è un processo "multidimensionale"? Che riguarda più dimensioni dell'esistenza, certo... ma quali? Sapremmo elencarle tutte ed essere certi di non lasciarne fuori nemmeno una? Difficile!
- cos'è la capacità di "concentrarci", di "focalizzarci"? A livello pratico lo sappiamo tutti di cosa si tratti, ma essendo un fenomeno legato alla coscienza,
non esiste un algoritmo o un modello capace di rappresentarlo con una certa approssimazione accettabile;
- è chiaro come funziona questo processo di "filtro" di cui parla la definizione? Purtroppo, entrando nel campo della soggettività, NO;
- cosa significa "distrazione"? Devianza rispetto a ciò che dovrebbe avere la nostra attenzione, ma se non definiamo in modo univoco l'attenzione, diventa impossibile anche definire in modo univoco la sua assenza o il suo contrario!
Quello che si costata, empiricamente (ovvero basandosi sull'esperienza comune) è che
un certo - e crescente -
numero di individui NON viene più catturato completamente dalle metodologie didattiche che si utilizzano in modo standard nella società... e che magari sembrano andare bene per il 95% delle persone in età evolutiva, ma non per tutti.
Ma quel 5% di "devianti" sono persone "malate" o sono semplicemente DIFFERENTI e quindi con essi dovremmo utilizzare metodi diversi per ottenere gli stessi risultati che otteniamo con il loro compagni, cosiddetti per etichetta "normodotati"?
Questa non è una questione di lana caprina, perché se è gente malata è necessario trovare per loro una cura... invece nell'altro caso dobbiamo ammettere che il nostro approccio all'età evolutiva è obsoleto e va rinnovato per includere nuovamente TUTTI i suoi fruitori.
In altre parole,
o abbiamo un fetta crescente della società che nasce storta, oppure stiamo stigmatizzando una fetta crescente della nostra società PUR di non ammettere che sono i nostri metodi "standard" ad avere raggiunto i loro limiti!E qui inizio a fare presente alcune questioni che reputo di vitale importanza sull'argomento...
1) le problematiche sembrano riguardare un ECCESSO di vitalità, una necessità di iper-stimolazione, quasi a dire che risulta ipo-stimolazione quella che normalmente si fornisce a questi soggetti; il contrario NON è segnalato praticamente MAI; l'apatia eventuale ricade nel punto seguente...
2) le persone con disturbi dell'apprendimento accade che si chiudano in sé stesse più per incapacità di comunicare e rapportarsi con gli altri... che per voglia o necessità di farlo;
3) il sistema educativo attuale rilega all'espressione fisica una porzione esigua del tempo dell'apprendimento, tanto che la cinestesia (tatto, gusto, olfatto) NON rientra nelle esperienze comuni che si fanno per apprendere; quasi tutto è rilegato a vista ed udito, ma
la fisicità ed il contatto diretto fra persone (epidermico, intendo)
consente di scambiare una quantità e qualità di informazioni esponenzialmente più amplie e varie di quelle legate solo a ciò che si vede e si sente.
Da queste considerazioni emerge che:
1) sembra che la stimolazione ordinaria sia troppo poca, non troppa... segno che la nuova umanità si sta evolvendo, e non sta semplicemente "avendo dei problemi": possiamo pensarla così SOLO se non siamo disposti ad evolverci con essa e rimaniamo ancorati a ciò che andava bene in passato; chi di noi, del resto, amerebbe guardare un film come "Via col Vento", già lungo di suo... ad un terzo della velocità di riproduzione?
"FERMO, vietato annoiarti... e te lo devi sciroppare tutto e facendo pure finta che ti piaccia e che ti sia utile!"
2) la rinuncia alla comunicazione è un fattore che fa soffrire i soggetti interessati, ma se si è capaci di indicare loro come esprimersi e scambiare esperienze, essi spontaneamente escono dalla loro condizione di hikikomori;
3) un sistema educativo completo NON può prescindere da un approccio psico-corporeo, quindi basato su ciò che è possibile comprendere a livello intellettuale
INSIEME alle esperienze che è possibile fare proprio SOLO attraverso la propria fisicità ed il movimento del soma.In Aikido siamo particolarmente "fortunati" sotto questo aspetto, perché il corpo è il principale ed ordinario strumento di lavoro, quindi è possibile compensare con la carenza di movimento che questi soggetti sono costretti a vivere quotidianamente, specie fra le mura scolastiche.
In più, nelle Arti Marziali ed in Aikido nello specifico... siamo ordinariamente abituati a dover gestire un'enormità di stimoli contemporaneamente: c'è l'attacco dell'avversario, il nostro spostamento, l'interazione mente-corpo per realizzare la tecnica specifica che ci è stata richiesta, il problema della propriocezione corporea, il coordinamento fra i movimenti propri e l'armonizzazione con quelli altrui.
Una sorta di fucina solare di stimoli... ovvero esattamente ciò di cui si nutre e della quale ha bisogno un cosiddetto "ADHD".
E quindi accade (a me è successo l'ultima volta la settimana scorsa), che arriva un bambino con una certificazione ADHD ed in 4 lezioni riesce a fare cose che hanno richiesto a suoi compagni circa 3 mesi di allenamento: questo per voi è un "problema" o una "risorsa"?
Non ho nulla contro quei bambini e/o ragazzini che fin da piccoli vengono portati da logopedisti e psicologi... dobbiamo però ricordarci che i parametri con i quali giudichiamo che una persona abbia questo o quel problema sono stati creati pensando a qualcosa che in realtà NON esiste, ovvero il concetto di “normalità”.
Pare che Albert Einstein abbia iniziato a parlare tardi, verso i 3 anni:
non è stato mica “normale”… oggi lo avrebbero portato di sicuro dal logopedista, mentre
lui ha avuto solo bisogno del suo tempo per “sbocciare”.I ragazzi sono TUTTI diversi fra loro, ma vengono educati con metodologie comuni e di massa, che non tengono conto delle loro caratteristiche peculiari… quindi in una classe pollaio, nella quale un bambino deve stare seduto 5 ore consecutive... chi vuole alzarsi forse sarà considerato “iper-attivo”, ma può essere solo uno che ha l’esigenza di muoversi più di un altro.
Forse chi presenta un “disturbo dell’attenzione” può anche semplicemente essere uno che apprende più velocemente dei compagni, che quindi ad un certo punto si distrae perché si annoia, non trova più motivi per stare attento... e forse io fare altrettanto al suo posto!
Purtroppo al momento facciamo del "non essere tutti paragonabili" un problema, visto che
siamo ancora incapaci di puntare sulle qualità migliori di ciascuno.Io "sono quello che sono", e prima faccio pace con questo, prima potrò pensare di utilizzarlo al meglio... e così anche chiunque altro oltre me.
Oggi vedo bambini che credono di essere malati perché sono diversi dagli altri compagni: secondo me quelli malati forte sono quelli che hanno fatto credere loro questa scemenza!
Non sto negando le evidenze delle neuroscienze moderne: ne constato solo i pesanti limiti ed il terribile modo con il quale molte famiglie devono affrontare una sorta di stigma imposto per “protocollo”.
Se vogliamo aiutare un bambino, oltre a dirgli cosa “ha” come caratteristiche “devianti” rispetto ad una media statistica…
insegniamogli il valore inestimabile dell’esistenza della propria UNICITÀ.
Aiutiamolo a scoprire cosa di UNICO è venuto a fare al mondo, anziché misurargli l’incapacità di poterlo incasellare con le altre pecore del gregge.
Una società tarata sul valore medio evidentemente non sa che la statistica è proprio l’escamotage con il quale aggiriamo l’imprevedibilità dei sistemi complessi.
È una sorta di dichiarazione esplicita dell’ignoranza ed inconsapevolezza con la quale viviamo ciò che non abbiamo ancora ben compreso.
Per FORTUNA esistono strumenti come l'Aikido, grazie al quale è possibile usare l'intero sistema psico-corporeo per conoscere se stessi e gli altri: una disciplina nella quale "muoversi" non è SBAGLIATO, nella quale tirare fuori la propria "energia" non lo è PERICOLOSO... anzi!
I casi di "aggressività" che mi sono capitati in una ventina di anni di insegnamento ai più piccoli si sono rivelate praticamente TUTTE storie nelle quali il bambini/ragazzo NON era in grado di comunicare il proprio disagio e quindi attuava dei comportamenti lesivi verso gli altri o auto-lesivi (in alcuni casi).
Il problema NON si è mai rivelata l'energia in eccesso, ma l'incapacità di utilizzare quest'ultima in modo costruttivo nel contesto in cui il giovane si trovava: insegnato questo... TUTTE le problematiche sono SPARITE o rientrate autonomamente!
Sono diventati capaci di stare fermi (quando è per loro utile farlo, non quanto è utile per me!), hanno imparato a focalizzare la loro attenzione per periodi anche parecchio prolungati (quando per loro si è mostrato utile farlo, non quando necessariamente lo desideravo io!)... si sono stemperate le situazioni nelle quali il rapporto degenerava in comportamenti aggressivi.
Quale "terapia", quale "farmaco", quale "programma speciale" è stato usato?
Ovviamente da me NESSUNO... se non stare con loro in modo autentico, provare a comprenderli prima ancora di giudicarli o etichettarli... accettare i loro limiti (come accetto i miei), provare ad espandere i loro limiti (come faccio con me stesso).
Abbiamo fra le mani il nostro futuro, ed ha un valore unico ed inestimabile: forse
dovremo spendere più tempo a ringraziare per questo dono, ed assumerci maggiormente la responsabilità di essere per loro guide sagge... anziché trovare un acronimo da appiccicare loro, che mascheri o giustifichi le nostre paure e/o la nostra sensazione di inadeguatezza nei loro confronti...
Marco Rubatto